Alla domanda:
Vorrei chiedere se a suo giudizio oggi esistono ancora spazi incontaminati per la sperimentazione?
Mario Cresci risponde:
Gli spazi ci sono se vogliamo che ci siano. Dipende da noi. Siamo noi che creiamo gli spazi, le opportunità per lavorare, per cercare, per scoprire le cose. Ci creiamo lo spazio idoneo dentro al quale sviluppiamo la nostra curiosità, la nostra capacità di connettere i vari linguaggi, di usare la fotografia, la macchina fotografica, non come strumento ma come mezzo. Dando valore al nostro pensiero, a quello che abbiamo in mente. Visualizzare i nostri pensieri.
Una tecnica, una pratica interessante che sta venendo fuori: la fotografia oggi, per esempio a livello formativo passa attraverso questa pratica: entro in un luogo, lo devo fotografare, ma non ho nessun progetto in mente. Il mio progetto nasce nel momento in cui frequento questo luogo, cerco di capire che cos’è, ci sto dentro, faccio un sopralluogo e le idee nascono frequentandolo e standoci dentro il più possibile. E’ chiaro che una persona ci può stare un’ora, un’altra una settimana. Il rapporto diretto con la realtà provoca il progetto, provoca il lavoro e questa è una situazione che, in alternativa al reportage (che si ha quando c’è un’azione esterna immanente), invece le situazioni dove non ci sono immanenze, sono situazioni nelle quali noi entriamo volutamente dentro alla loro identità.
Poi con la macchina fotografica, con il nostro sguardo cerchiamo di svelare il rapporto che si stabilisce tra noi e il soggetto.
Appunti tratti dal video FIAF “Conversazione con Mario Cresci”: https://youtu.be/6O-94XpUpuw