30 Set 2023 |
Premessa IMPORTANTISSIMA: non c’è un modo standard per fare i ritratti. Ogni azione che si compie o che non si compie ha uno scopo. Non c’è la ricettina pronta. Quanto segue è un approccio a un certo tipo di ritratto e per raggiungere un certo tipo di scopo.
Non è di certo l’unico ingrediente da usare, ma trovo che sia forse il migliore ingrediente per la buona riuscita di un ritratto (tenendo ben presente quanto scritto sopra):
Mostrate al soggetto uno sguardo accogliente, rassicurante e sincero, concederete al soggetto la libertà di esprimersi, con la stessa sincerità e accoglienza.
26 Set 2023 |
Non uso molti giri di parole, è uscita da pochissimo e non ho dubbi: la migliore mirrorless APS-C di Sony è a mio parere la nuova Sony A6700!!
Perché? Semplicemente perché secondo me il nuovo autofocus basato sull’intelligenza artificiale è qualcosa di spettacolare! Non aggiungo altro.
La domanda che avrete è sicuramente: quindi vale ancora la pena comprare la A6600 o inferiori?
La mia risposta è: se il prezzo non vi fa arrivare alla 6700, ovviamente vale ancora la pena, ma solo se avete fretta di acquistare e al limite anche se fate solo foto di paesaggio e/o foto in cui l’AF non è poi così importante. Se invece non avete fretta, posticipate di qualche mese l’acquisto e puntate a questa nuova uscita. Non ve ne pentirete.
23 Set 2023 |
Vorrei indicare in questi appunti due tipi di approccio al ritratto. Non c’è quello giusto o quello sbagliato, c’è quello che vi appartiene o quello che decidete di attuare seguendo una motivazione. Ce ne sono anche altri, ma al momento voglio descrivere questi:
Il primo è un approccio in cui il fotografo è completamente ricettivo, pronto a essere invaso dalla persona che ha di fronte. Non verrà fuori il suo io, non sarà un’evidenziazione della propria arte. Potrebbe sembrare quasi un approccio documentaristico da parte del fotografo. Un approccio in cui la direzionalità è quasi totalmente dal fotografato al fotografo. Fotografare grazie al non fare. Lasciare spazio al fotografato di mostrare quello che è. Questa non sarà una fotografia “presa” ma una fotografia “data”. Alcuni fotografi restano quasi totalmente in silenzio. Potrebbe sembrare quasi una fototessera, anche se in realtà non lo è, perché la presenza del fotografo è fondamentale.
Il secondo è un approccio completamente opposto, che si potrebbe definire quasi come un autoritratto del fotografo. Il fotografo potrebbe cercare qualcosa di sé nel fotografato, probabilmente una sua mancanza. Quella ricerca fatta con lo sguardo, con le proprie motivazioni interiori, ma anche con il dialogo che porta fotografato e fotografo da qualche parte. C’è anche la voglia di parlare di sé tramite il fotografato, aiutarsi tramite il fotografato a comunicare qualcosa che si ha dentro. Questo viaggio mostra tanto del fotografo, lo fa esporre tanto quanto il fotografato. La totale apertura del fotografo genera nel fotografato altrettanta apertura. Il fotografo si rivela, si espone. Il ritratto nasce quindi dal mettersi in gioco fino in fondo, dal lasciarsi guardare, dal prendersi il rischio di esporsi. E questo vale per entrambe le parti.
Personalmente mi sento più vicino a questo secondo approccio. Vedo il ritratto come un percorso che si fa insieme al fotografato. Uno scambio paritario di sensazioni, un dialogo anche senza parole, un incontro, un’esperienza bidirezionale che porterà al ritratto.
16 Set 2023 |
Voglio citare alcune frasi di Ugo Mulas riguardo la bella e la buona fotografia:
Non credo nelle belle fotografie.
Di belle fotografie se ne fanno tante, ma sono completamente inutili.
Non bisogna dire che sono belle, ma che sono buone.
Belle sono le fotografie esteticamente perfette, ben composte, che però non dicono niente.
Una buona fotografia racconta e dice delle cose, comunica qualcosa.
Anche la bella fotografia comunica, ma comunica cose inutili.
A questo proposito aggiungo una frase che ho letto sui bei tramonti (e, aggiungerei, anche sui bei gattini):
La foto di un bel tramonto NON è una bella foto, è semplicemente “la foto di un tramonto bello”.
9 Set 2023 |
Dopo aver visto una storia su Instagram che parlava del non piacersi in fotografia, quindi ad esempio in un ritratto che ti fanno, ho provato a fare altre ricerche e ho scoperto degli aspetti interessanti che voglio condividere. Ecco i principali motivi per cui ci si può non piacere in fotografia:
- Tecnici:
– luci che enfatizzano quelli che noi percepiamo come difetti (i tanti citati “inestetismi della pelle”)
– angoli o obiettivi che enfatizzano la distorsione di viso o parti del corpo
– post-produzione pesante o inadeguata alla situazione
- L’effetto di mera esposizione è proprio quel fenomeno psicologico per cui tendiamo a sviluppare una preferenza per le cose con cui abbiamo più familiarità; più si vede una cosa, più ci si abitua e la si apprezza. Ognuno di noi ha come immagine di sé una copia di quella che vede continuamente allo specchio (quindi per lo più frontale e sempre ad una stessa distanza). Quando invece vediamo la nostra foto, potremmo non gradirla perché differente dalla nostra copia in memoria.
- Collegato al punto sopra, c’è un fenomeno per cui il nostro cervello ci fa credere di essere più attraenti di quanto siamo in realtà. Tendiamo a pensare a noi stessi con auto-esaltazione, valutiamo i nostri tratti e le nostre capacità più favorevolmente di quanto sia oggettivamente giustificato. Per questo motivo, osservarci in una fotografia può portarci a non piacerci.
- Il dettaglio che non fa piacere la totalità della fotografia: a tutti sarà successo di odiare un dettaglio del nostro corpo. Vederlo chiaramente in una fotografia potrebbe farci concentrare l’attenzione solo su di esso, portandoci inevitabilmente a non gradire l’interezza della fotografia.