10 Dic 2022 |
Nella diretta Instagram del 26 novembre, Toni ha parlato del workshop a Marettimo “The dreamers island”. WS dedicato principalmente ai fotografi di matrimonio.
Ha portato la sua conferenza “ispirazioni” che mette a confronto il suo lavoro (Carta stampata) e quella dei suoi ispiratori.
Poi ha fatto un workshop di 2 giorni.
Nei suoi workshop preferisce non scattare, per evitare che il suo modo di fare può essere scambiato per IL modo di fare il ritratto. Sia perché ogni volta è diversa, tutto cambia da persona a persona, sia perché il rischio è che i partecipanti diventino un’imitazione del fotografo che fa vedere. A Toni interessa sviluppare le capacità proprie dei partecipanti.
Digressione: è interessante anche “passare dall’altra” parte per sentire quello che il fotografo mi porta: quando mi prende in mano, quando mi lascia andare, quando mi sostiene da un punto di vista mentale, psicologico, so quando mi fa sentire bene, quando mi fa sentire bello, quando invece mi lascia da solo e non so più cosa fare.
Quando sei fotografo di matrimonio, una cosa è certa: non ti puoi permettere di perdere la foto. Quindi lui ha cercato di capovolgere un po’ la situazione, mettendoli nella condizione di perdere la fotografia, quindi dando la possibilità di fare uno scatto solo!
Non rincorrere continuamente l’idea del risultato. L’idea del “ce l’ho!”.
Siamo abituati a pensare il ritratto come qualcosa che viene preso.
Sensazione di frustrazione quando il soggetto non fa quello che tu vuoi. Ciò produce una sorta di mediocrità della fotografia di ritratto di oggi. La sensazione del “non succede granché” causato dal fotografo (ad esempio con atteggiamento predatorio). One shot, quindi, mette in discussione tutto questo.
L’idea di lasciar andare via la foto, di scattare solo quando si stabilisce un gioco, una connessione, vale mille scatti nel tentativo di portare a casa qualcosa.
La luce dovrebbe raccontare in un ritratto il 70-80% della sensazione di quello che sta avvenendo tra fotografo e soggetto. Il 20% che rimane, lo esprimerà il soggetto.
Non c’è una luce standard attraverso cui poi il soggetto si esprime.
La luce si misura in millimetri, quindi la luce non è sempre quella! L’impostazione potrebbe essere sempre quella, ma la cambiamo noi.
19 Nov 2022 |
In quest’altra interessante diretta Instagram del 18 novembre, Toni Thorimbert ha parlato di un altro workshop che ha tenuto per Leica Akademie nella provincia di Siena alla fine di ottobre.
Non usa un approccio “io faccio e voi fate quello che faccio io”. Perché non vuole far passare che il SUO modo deve essere anche il TUO o quello di tutti. Ognuno vuole che ogni studente sviluppi la sua UNICA capacità di interagire con il soggetto.
– Lee Friedlander (anche in questo caso libro self-portrait. Il fotografo che afferma la sua presenza in quel luogo. Si creava un dittico con una foto di Lee e una dello studente).
Ogni immagine suona una nota. E’ stato interessante vedere che foto che somigliavano “strutturalmente” alla foto di Lee, spesso non erano della stessa nota della foto di Lee. Altre invece completavano la foto di Lee perfettamente, suonando molto bene.
– Avedon… foglio bianco e teatralità. Questa volta lui ha detto: io sono l’art director di un nuovo giornale di Leica. Voglio una copertina che descriva la connessione-relazione del fotografo con la sua Leica.
Al workshop ha lavorato molto anche sulla comunicazione non verbale.
Attenzione alla postura predatoria del fotografo!
– Lavori di Arnold Newman. Ritratto come progetto. Controllo totale dell’inquadratura. Ritratto non come istantanea ma come progetto. Capacità di ambientare il soggetto nello spazio. Ha mandato i partecipanti a fotografare degli sconosciuti. Creare un trittico: foto ambientata, primo piano e dettaglio. Quindi una sorta di narrazione. Ciò non è scontato. Gestire l’inquadratura in modo che ci siano informazioni sul soggetto e solo ciò che serve a caratterizzare l’ambiente, senza informazioni ridondanti e inutili.
– Araki. Vive una tale tragedia come la morte della moglie. Emozionante. Toni ha fatto un impaginato con una foto di Araki da una parte e una pagina bianca dall’altra. Erano 8. Tema “oscenità del male/dolore”.
Il tempo per fare il lavoro era qualche ora ma ha portato a ottimi risultati da parte dei partecipanti.
12 Nov 2022 |
In una interessante diretta Instagram Toni Thorimbert ha parlato del suo workshop Body Language, degli autori (fotografi) su cui hanno lavorato e sull’atteggiamento del fotografo:
– Lee Friedlander (libro self-portrait. Noi siamo sempre nell’immagine. Il fotografo capisce dov’è nel mondo. Lee racconta l’America attraverso la sua presenza nelle immagini. Il proprio agire verso il mondo)
– Edward Quinn (capacità di cogliere il legame, lo spazio emotivo tra le persone, le sfumature delle relazioni tra gli altri che diventano tangibili nei suoi lavori. Il fotografo diventa testimone di una relazione. Andare in giro nei bar,… Cogliere l’intensità del legame tra gli altri)
– Araki (l’oscenità del dolore. L’agonia sulla perdita della moglie. Foto della morte, malinconia,… Fotografo notturno. Esplorare la notte. Intima, mistero, oscuro)
– Avedon (l’Avedon del fondo bianco. Senza oggetti, tu e io. Linguaggio del corpo. Anche il fotografo ha un corpo. Fare un ritratto senza parlare. Agire tu per primo)
– Arthur Tress (Inconscio. Un’immagine più interiore. Emozioni dal mondo dei sogni. Usare il mondo reale per parlare di quello che hai dentro)
– Ren Hang (Con l’aiuto di due modelle. Usare il corpo per stabilire nuovi linguaggi. Astrazioni. Ren mostra tutto. Intrecci, rapporto del corpo con la natura)
Tutto molto interessante per la pratica del ritratto!
26 Giu 2021 |
Vorrei dare un consiglio che sembrerà stupido a molti o sarà preso come una battuta (è stato così quando l’ho messo in una story di Instagram), ma che reputo davvero importante per i fotografi di tutti i livelli:
quando volete partecipare a un workshop fotografico ma nemmeno la descrizione dello stesso è chiara e/o è piena di errori ortografici…
…EVITATELO!
Vi accorgerete che quella poca attenzione e preparazione per creare la vetrina del workshop sarà presente nel workshop stesso.
Sto generalizzando? Non è sempre così? Può essere, ma ho deciso di non dare nemmeno una possibilità a chi si presenta già nel peggiore dei modi, e reputo che sia il primo passo per combattere l’ignoranza dilagante nei corsi di fotografia.