Appunti di fotografia [69] – Harold Davis e la composizione

Due frasi da ricordare, tratte dal libro di Harold Davis “La composizione fotografica”:

La composizione è un processo, non un insieme di regole ferree.

Se non avrete preconcetti, nella vostra pratica quotidiana vedrete e scoprirete di più del mondo che vi circonda, così ricco di possibilità, interesse e gioia.

Appunti di fotografia [50] – La passione fotografica

I seguenti appunti sono stati presi durante il webinar online FIAF “Dalla passione fotografica al percorso autoriale – Parte 1” del 18/2/2022.

Introduzione di Claudia Ioan: Cos’è la passione fotografica?
La scoperta della fotografia.
Dalla scoperta alla conoscenza, al confronto, alla crescita.
Scoperta che genera passione.
Una serie di step.
Una rivelazione, una scoperta fulminante.
Anche un processo graduale.
Processo di innamoramento.
Processo di apprendimento.
Italo Zannier -> La fotografia è l’unica arte che poggia su una tecnologia.
Aspetto importante del mezzo.
La necessità di esprimersi passa attraverso la necessità di padroneggiare il mezzo e anche la tecnica.
Passaggio che richiede esercizio e dedizione.
Prima fase in cui c’è l’esigenza di far diventare il mezzo un prolungamento naturale del nostro corpo. Finché siamo troppo consapevoli di avere in mano un oggetto da conoscere e dominare, abbiamo ancora un filtro nei confronti della realtà.
Ne “La camera chiara” di Bartes: l’organo principale del fotografo non è la vista ma il dito. Corporeità allargata in cui la macchina diventa un tuttuno con il fotografo.

Quando cominciamo a fotografare, cambiamo noi e ciò ci rende esseri differenti.
Avere una macchina fotografica in mano incentiva la ricerca di un’idea. La ricerca diventa attiva.
Il fotografo cerca qualcosa nella realtà.
Siamo mossi da qualcosa di molto interiore o da concetti che vogliamo andare a rappresentare.

Riflettiamo tutti su come cambiamo nel momento in cui abbracciamo la fotografia, quindi quando la adottiamo come una nostra modalità espressiva.
L’atto fotografico è molto complesso, è fatto di scelte. Di selezione che affiniamo educando lo sguardo. 
E’ un bel processo, appassionante. E’ un innamoramento.
La relazione nuova che stabiliamo tra noi e il mondo.
La fotografia non è un semplice atto, è un’esperienza.

Segue Silvano Bicocchi che parte da una frase di Philip-Lorca DiCorcia:
“la fotografia è come una lingua straniera che tutti pensano di poter parlare.”
La fotografia è qualcosa di connaturale (proprio o conforme per disposizione naturale).

La passione può entrare nella vita delle persone.
Frase di Stanislao Farri (fotografo reggiano): “La fotografia non mi ha mai tradito”, era una conferma di passione. Con la fotografia non aveva mai perso tempo.
Era uno stile di vita.

Ognuno ha la propria storia.
Fuoco che ha acceso questa passione.
Sappiamo quanto sono importanti le prime fotografie.
Possono apparire ingenue.
Ma hanno accompagnato il formarsi della passione.
Le prime fotografie sono molto importanti. In esse si esprimono i caratteri spontanei dell’identità artistica. Si mostra l’innato. Poi l’uomo entra nel ciclo culturale e si trasforma. E’ inevitabile.

L’attrazione del fotografare che dal problema della scelta visiva porta a vedere nell’immagine fotografica la nostra visione del mondo e quella degli altri, lo si vede quando qualcuno con cellulare si mette a scegliere il modo di fotografare. Non sa niente di fotografia ma è innamorato della fotografia. Si pone il problema di rappresentare come gli piace, non guarda e scatta.
Attrazione fatale verso la macchina fotografica e i vari accessori.

Cercare una propria visione del mondo o vedere la visione degli altri. Anche questa è passione. In questo incontro, scoprire noi stessi.
Quando vediamo una mostra, vediamo come gli altri hanno affrontato temi che probabilmente noi abbiamo affrontato e ci accorgiamo di che mistero sia l’uomo.

(Una parentesi mia: sentendo parlare poi Gigi Montali che descriveva i suoi inizi, mi è venuto in mente di quando partivo per un campo scout o per una vacanza, mio papà mi comprava i rullini, e io facevo il conto di quante fotografie avessi potuto fare ogni giorno.)

Abbandonare la foto singola e dedicarsi al racconto.
Il confronto con gli altri, il commento delle foto è molto importante.

Francesca Artoni.
Un passato a riordinare le fotografie di famiglia.
Energia inespressa.
Poi la prima reflex.

Appunti di fotografia [44] – Fotografia e Bianco e nero, Piergiorgio Branzi

Rispondendo alla domanda “come, perché e quando è entrata la fotografia nella tua vita?“, Piergiorgio Branzi dice:

“[…] Per la prima volta, avevano organizzato a Firenze, subito dopo la guerra, una prima mostra di fotografia di Cartier-Bresson. Io conoscevo la fotografia come spettatore, lettore, ma non che cosa era e che cosa si poteva fare […]. Questo complesso di fotografie di Cartier-Bresson evidentemente avevano […] (dato) quasi uno shock. Io avevo una continuità giornaliera con la scrittura, gestivo una libreria che aveva fondato mio padre […], trovare l’oggetto di una macchinetta che riusciva in poche immagini a creare un mondo nuovo ma chiaramente vero, molto più di qualunque altra descrizione vocale. E quindi la imparai a memoria, me la rivedevo […] e quindi volli provare. […] Allora decisi di andare a Parigi a cercare di conoscere Bresson. Era diventata una forma “nervosa” (ossessione), non potevo non vederlo di faccia. Riuscii a trovare l’indirizzo della Magnum e decisi di andare a suonare e chiedere di parlarci. […] Suonai […] e cosa dire? La verità […] “devo vedere Cartier-Bresson” e poi apparve lui. […] Ripartii la stessa sera col cuore in subbuglio.”

E poi un’altra frase mi ha catturato:

“Uno le coglie (le fotografie) a colori e rimangono a colori. Il bianco e nero seguiti a metterci mentalmente il colore e quindi, secondo me, sono più colorate di quelle colorate sulla pellicola stessa, perché ci metti qualcosa di tuo.”

Tratto da “Dritto negli occhi. Conversazioni fotografiche | Un mondo nuovo ma vero. Incontro con Piergiorgio Branzi

Appunti di fotografia [37] – In parole povere, Gianni Berengo Gardin

Dalla copertina del libro “In parole povere” di Gianni Berengo Gardin:

Quando mi domandano se ci siano ancora cose importanti che vorrei fotografare, rispondo che sono soddisfatto delle immagini realizzate.
Ogni giorno però, se esco di casa, sento il bisogno di portare con me la mia macchina fotogafica.
Quando esci di casa senza macchina fotografica, c’è sempre qualche inquadratura che avresti voluto fermare sulla pellicola.
Allora è meglio non rischiare.
La fotografia, d’altronde, rimarrà sempre la mia vita.