Appunti di fotografia [73] – La buona fotografia secondo Michael Sweet

Cosa deve avere una fotografia per essere considerata “buona”?
Una buona fotografia deve raccontare una storia, deve parlare all’osservatore. Ho appena partecipato alla giuria di un concorso di Street Photography in Italia e, durante la selezione, ho usato il criterio di scartare le foto che entro un secondo non mi dicevano niente. In questo modo la selezione è stata molto severa. Solo in un secondo tempo ne guardavo gli aspetti più tecnici, come la composizione, la messa a fuoco, la resa dei colori, il contrasto… ma non mi dispiace se una
fotografia è fuori fuoco, l’inquadratura casuale o molto contrastata. Mi piace rompere le regole e apprezzo quest’atteggiamento anche nel lavoro degli altri. Ci sono troppe fotografie perfette, io voglio qualcosa di grintoso,
di diverso e unico: le fotografie devono dire qualcosa.

Tratto da un articolo-intervista a Michael Sweet su fotografiastore.it (rif. AG_65).

Appunti di fotografia [46] – Coinvolgere o osservare

Il genio di Richard Avedon stava nel suo essere un grande comunicatore. Tirava fuori il meglio dai suoi soggetti. Io invece osservo. Avedon sapeva parlare alla gente. Sapeva scegliere gli argomenti. Non appena riesci a coinvolgere una persona, la sua faccia cambia. Si anima. Dimentica di essere davanti al fotografo. Si concentra e assume un’espressione più interessante. Io, però, sono talmente impegnata a guardare nell’obiettivo, che non riesco a parlare. Non ho mai avuto quel dono. Ho lo stesso problema con le mie figlie: so che devo interagire di più, so che devo lasciarmi coinvolgere, ma amo restare semplicemente a guardarle.

Tratto dal libro “Fotografie di una vita 1990-2005” di Annie Leibovitz.