Appunti di fotografia [182] – Ugo Mulas, mostra “L’Operazione Fotografica”

Affascinato dalla mostra di Mulas, L’operazione Fotografica, voglio riportare, per ricordare, alcuni testi letti alla mostra stessa.

Essere fotografo vuol dire fornire una testimonianza critica della società nella quale si vive.

Ugo Mulas, La fotografia, 1973

Tutti coloro che si interessano ai fatti d’arte hanno incontrato la personalità di Ugo Mulas. Una parte consistente della sua produzione è dedicata, infatti, al mondo dell’arte, al punto che Mulas è stato definito “fotografo d’arte”. Una definizione che ha una doppia valenza: la fotografia stessa di Mulas è arte e, al contempo, è una testimonianza dello stato della produzione creativa del suo tempo. In altre paro-le, Mulas fotografa artisticamente gli artisti, le loro opere e performance, utilizzando una chiave interpretativa e non meramente riproduttiva, che ha contribuito alla conoscenza e alla comprensione dei diversi linguaggi espressivi. Si potrebbe affermare che Mulas e un artifex-philosophus additus artifici, un artista-critico che cerca di penetrare nell’altrui opera per restituircela arricchita di interpretazioni e di significato.
La macchina fotografica è per Mulas quello che era il disegno per Leonardo da Vinci, cioè un mezzo per indagare, studiare, conoscere ciò che lo circonda, uno strumento che, come ci ha insegnato il maestro del Rinascimento, è la più immediata riproduzione del pensiero, in quanto più astratto dell’opera realizzata e finita. Da questo assunto si comprende come per Mulas l’atto di fotografare non sia un gesto oggettivo, una mera copia della realtà, ma un atto di volontà, di scelta e quindi di libertà.
L’evoluzione della sua esperienza lo porterà, direi quasi necessariamente, alle Verifiche, cioè alla riflessione sulle possibiltà espressive e sui meccanismi interni del linguaggio fotografico e dei suoi elementi costitutivi.
Mulas arriva alle Verifiche come momento di riflessione e investigazione sulla fotografia nel 1968 con ‘Omaggio a Niépce, iniziando una ricerca concettuale fondamentale nel suo percorso In consonanza con Mario Dondero scatta le prime immagini dal sapore neorealista, raccontando la Milano degli anni cinquanta, quella delle periferie urbane in espansione edilizia, dei quartieri popolari, delle persone umili, e quel pezzo di storia ormai quasi mitica del capoluogo lombardo, rappresentato dalla vivacità culturale e dall’anticonformismo che si respira al bar Jamaica, dove entra in contatto con artisti, scrittori, intellettuali. La familiarità con l’ambiente artistico genera l’importante incarico di fotografo della Biennale di Venezia. Questo background gli consente di realizzare un’enciclopedia di critica d’arte “per immagini” della scena della Pop Art statunitense.
Una linea evolutiva che poeticamente porta Mulas dal neorealismo al concettuale, dallo status di reporter a quello di artista: in mezzo ci sono lo stupore, la meraviglia, l’emozione e la nostalgia che ci trasmettono le fotografie proposte in questa mostra.

Appunti di fotografia [69] – Harold Davis e la composizione

Due frasi da ricordare, tratte dal libro di Harold Davis “La composizione fotografica”:

La composizione è un processo, non un insieme di regole ferree.

Se non avrete preconcetti, nella vostra pratica quotidiana vedrete e scoprirete di più del mondo che vi circonda, così ricco di possibilità, interesse e gioia.

Appunti di fotografia [50] – La passione fotografica

I seguenti appunti sono stati presi durante il webinar online FIAF “Dalla passione fotografica al percorso autoriale – Parte 1” del 18/2/2022.

Introduzione di Claudia Ioan: Cos’è la passione fotografica?
La scoperta della fotografia.
Dalla scoperta alla conoscenza, al confronto, alla crescita.
Scoperta che genera passione.
Una serie di step.
Una rivelazione, una scoperta fulminante.
Anche un processo graduale.
Processo di innamoramento.
Processo di apprendimento.
Italo Zannier -> La fotografia è l’unica arte che poggia su una tecnologia.
Aspetto importante del mezzo.
La necessità di esprimersi passa attraverso la necessità di padroneggiare il mezzo e anche la tecnica.
Passaggio che richiede esercizio e dedizione.
Prima fase in cui c’è l’esigenza di far diventare il mezzo un prolungamento naturale del nostro corpo. Finché siamo troppo consapevoli di avere in mano un oggetto da conoscere e dominare, abbiamo ancora un filtro nei confronti della realtà.
Ne “La camera chiara” di Bartes: l’organo principale del fotografo non è la vista ma il dito. Corporeità allargata in cui la macchina diventa un tuttuno con il fotografo.

Quando cominciamo a fotografare, cambiamo noi e ciò ci rende esseri differenti.
Avere una macchina fotografica in mano incentiva la ricerca di un’idea. La ricerca diventa attiva.
Il fotografo cerca qualcosa nella realtà.
Siamo mossi da qualcosa di molto interiore o da concetti che vogliamo andare a rappresentare.

Riflettiamo tutti su come cambiamo nel momento in cui abbracciamo la fotografia, quindi quando la adottiamo come una nostra modalità espressiva.
L’atto fotografico è molto complesso, è fatto di scelte. Di selezione che affiniamo educando lo sguardo. 
E’ un bel processo, appassionante. E’ un innamoramento.
La relazione nuova che stabiliamo tra noi e il mondo.
La fotografia non è un semplice atto, è un’esperienza.

Segue Silvano Bicocchi che parte da una frase di Philip-Lorca DiCorcia:
“la fotografia è come una lingua straniera che tutti pensano di poter parlare.”
La fotografia è qualcosa di connaturale (proprio o conforme per disposizione naturale).

La passione può entrare nella vita delle persone.
Frase di Stanislao Farri (fotografo reggiano): “La fotografia non mi ha mai tradito”, era una conferma di passione. Con la fotografia non aveva mai perso tempo.
Era uno stile di vita.

Ognuno ha la propria storia.
Fuoco che ha acceso questa passione.
Sappiamo quanto sono importanti le prime fotografie.
Possono apparire ingenue.
Ma hanno accompagnato il formarsi della passione.
Le prime fotografie sono molto importanti. In esse si esprimono i caratteri spontanei dell’identità artistica. Si mostra l’innato. Poi l’uomo entra nel ciclo culturale e si trasforma. E’ inevitabile.

L’attrazione del fotografare che dal problema della scelta visiva porta a vedere nell’immagine fotografica la nostra visione del mondo e quella degli altri, lo si vede quando qualcuno con cellulare si mette a scegliere il modo di fotografare. Non sa niente di fotografia ma è innamorato della fotografia. Si pone il problema di rappresentare come gli piace, non guarda e scatta.
Attrazione fatale verso la macchina fotografica e i vari accessori.

Cercare una propria visione del mondo o vedere la visione degli altri. Anche questa è passione. In questo incontro, scoprire noi stessi.
Quando vediamo una mostra, vediamo come gli altri hanno affrontato temi che probabilmente noi abbiamo affrontato e ci accorgiamo di che mistero sia l’uomo.

(Una parentesi mia: sentendo parlare poi Gigi Montali che descriveva i suoi inizi, mi è venuto in mente di quando partivo per un campo scout o per una vacanza, mio papà mi comprava i rullini, e io facevo il conto di quante fotografie avessi potuto fare ogni giorno.)

Abbandonare la foto singola e dedicarsi al racconto.
Il confronto con gli altri, il commento delle foto è molto importante.

Francesca Artoni.
Un passato a riordinare le fotografie di famiglia.
Energia inespressa.
Poi la prima reflex.