Appunti di fotografia [156] – L’ultima foto che hai fatto non mi piace!

L’ultima foto che hai fatto non mi piace!“. Questo è uno dei commenti che mi è stato fatto da poco da una persona che come me ha la passione per la fotografia… mmm… “come me” non credo proprio, diciamo che possiede una macchina fotografica e ogni tanto scatta.

Lì per lì sono rimasto un po’ basito, tipo quando aspetti che la rotellina di Windows finisca di girare, mi aspettavo un’introduzione, una spiegazione, un contesto. Invece nulla. Quella frase buttata lì. Poi il discorso, dato che c’erano altre persone presenti, è deviato su altri argomenti e non ho avuto la possibilità di capirne di più.

Che dire? Credo che si debba rispettare le opinioni di tutti, che si debba ascoltare e analizzare i diversi punti di vista. Dobbiamo essere tutti disposti ad accettare le critiche. E’ impossibile fare qualcosa che piaccia a tutti. Impossibile! Anzi, spesso le cose non convenzionali, o diverse, o semplicemente che non combaciano con la visione di un altro, non sono accettate. Quindi, primo punto fondamentale: imparate a incassare il colpo.

Il secondo passo deve però essere: dare un peso a ciò che è stato detto.
Vediamo un po’ le spiegazioni che mi vengono date, e se mi vengono date. Direi che, nel mio caso, non essendoci stata alcun tipo di spiegazione, il peso da dare al commento è -1000. Anche se, il tarlo resta, uh se resta! Ma non dovete cadere nella trappola dell’andare in paranoia.

Valutate bene se c’è un proposito costruttivo dall’altra parte. Se ciò che vi viene detto sembra dato col cuore, con un intento buono di farvi migliorare o crescere. Valutate i modi.

Valutate poi, in alcuni casi, il livello culturale (in ambito fotografico) dell’interlocutore. Questo aspetto della cultura fotografica è da prendere un po’ con le pinze. Mi spiego meglio: ognuno di noi ha un tipo di formazione, ognuno di noi ha sviluppato una visione, un pensiero e un’opinione di ciò che vede. Ad esempio una lettura portfolio con una persona può andare benissimo e con un’altra subito dopo può andare malissimo, e magari entrambe le persone sono guru della fotografia. Quindi a mio avviso bisogna solo imparare ad accogliere ciò che viene detto con la capacità di farne tesoro, ma bisogna stare attenti a quanto farsi condizionare da quel, singolo, giudizio. Molto attenti.

Appunti di fotografia [92] – Toni Thorimbert a Marettimo

Nella diretta Instagram del 26 novembre, Toni ha parlato del workshop a Marettimo “The dreamers island”. WS dedicato principalmente ai fotografi di matrimonio.
Ha portato la sua conferenza “ispirazioni” che mette a confronto il suo lavoro (Carta stampata) e quella dei suoi ispiratori.
Poi ha fatto un workshop di 2 giorni.
Nei suoi workshop preferisce non scattare, per evitare che il suo modo di fare può essere scambiato per IL modo di fare il ritratto. Sia perché ogni volta è diversa, tutto cambia da persona a persona, sia perché il rischio è che i partecipanti diventino un’imitazione del fotografo che fa vedere. A Toni interessa sviluppare le capacità proprie dei partecipanti.

Digressione: è interessante anche “passare dall’altra” parte per sentire quello che il fotografo mi porta: quando mi prende in mano, quando mi lascia andare, quando mi sostiene da un punto di vista mentale, psicologico, so quando mi fa sentire bene, quando mi fa sentire bello, quando invece mi lascia da solo e non so più cosa fare.

Quando sei fotografo di matrimonio, una cosa è certa: non ti puoi permettere di perdere la foto. Quindi lui ha cercato di capovolgere un po’ la situazione, mettendoli nella condizione di perdere la fotografia, quindi dando la possibilità di fare uno scatto solo!
Non rincorrere continuamente l’idea del risultato. L’idea del “ce l’ho!”.

Siamo abituati a pensare il ritratto come qualcosa che viene preso.
Sensazione di frustrazione quando il soggetto non fa quello che tu vuoi. Ciò produce una sorta di mediocrità della fotografia di ritratto di oggi. La sensazione del “non succede granché” causato dal fotografo (ad esempio con atteggiamento predatorio). One shot, quindi, mette in discussione tutto questo.

L’idea di lasciar andare via la foto, di scattare solo quando si stabilisce un gioco, una connessione, vale mille scatti nel tentativo di portare a casa qualcosa.

La luce dovrebbe raccontare in un ritratto il 70-80% della sensazione di quello che sta avvenendo tra fotografo e soggetto. Il 20% che rimane, lo esprimerà il soggetto.
Non c’è una luce standard attraverso cui poi il soggetto si esprime.
La luce si misura in millimetri, quindi la luce non è sempre quella! L’impostazione potrebbe essere sempre quella, ma la cambiamo noi.

Come creare stickers facilmente con MAC e iPhone

Chi mi conosce sa che il mio lato tecnologico ogni tanto viene fuori, e dato che questo blog nato nel lontano 2007 parla anche di informatica, eccovi un post che, attenzione, non trovate sul sito di Aranzulla!!! :D :D Quindi si, è farina del mio sacco e siete pregati di condividerlo solo usando il link al mio articolo.

Basta con le premesse e partiamo con il metodo facile facile per creare stickers per WhatsApp con un MAC e un iPhone (da iOS 16):

  1. Assicuratevi che AirDrop sia attivo sul vostro Mac e sul vostro iPhone.
  2. Andate sull’iPhone sotto “Foto” e cercate la fotografia a partire dalla quale volete creare lo sticker.
  3. Tenete premuto ad esempio sulla persona o sull’oggetto da scontornare e attendete finché non appare il fumetto “Copia | Condividi…”
  4. Cliccate su “Condividi…” e selezionate l’icona relativa al vostro Mac con AirDrop attivo.
  5. Dal Mac, aprite un browser e accedete a WhatsApp Web (se non sapete come fare, seguite questo link alla guida ufficiale di WhatsApp: https://faq.whatsapp.com/539218963354346/?helpref=uf_share).
  6. Create un nuovo messaggio indirizzato alla persona a cui volete mandare lo sticker, cliccate sulla graffetta e poi sull’icona degli sticker.
  7. Cercate l’immagine che avete condiviso dall’iPhone (probabilmente la trovate dentro la cartella Download del Mac), selezionatela, verificate su WhatsApp che sia corretta e inviatela!

Sono tanti passaggi, ma molto semplici e veloci.

Fatemi sapere! Ciaoooo!

Appunti di fotografia [39] – Capire una fotografia, John Berger

Dalla copertina del libro “Capire una fotografia” di John Berger:

Perché complicare a tal punto un’esperienza che facciamo più volte ogni giorno: l’esperienza di guardare una foto?
Perché l’ingenuità con cui di solito la affrontiamo è dispendiosa e disorientante.
Pensiamo alle fotografie come a opere d’arte, come prova di una particolare verità, come simulacri, come nuovi oggetti.
Di fatto ogni fotografia è un mezzo per verificare, confermare e costruire una visione totale della realtà.

Appunti di fotografia [14] – Elliott Erwitt

Adriana Lopez Sanfeliu a Elliott Erwitt: “posso farti una domanda?” “perché dici che l’ultimo scatto è sempre il migliore?”
Elliott Erwitt “perché in teoria si scatta finché non si ottiene la foto giusta, quindi è l’ultima quello che ti interessa”.

La fotografia è solo un punto di vista espresso con serenità e passione.
Ma senza fare troppo rumore. E’ la foto che deve fare rumore.

Mi piace scattare foto che motivino il tempo impiegato e i soggetti.
Cerco di scattare foto che comunichino qualcosa, non grandi cose, solo un lavoro fatto bene.

Niente è serio, tutto lo è.

Diciamo che prendo seriamente il fatto di non essere serio. Essere serio non essendolo.

Gli elementi di una buona fotografia sono la composizione, il soggetto e la magia.

Tratti da: Bianco e nero – Rai 5, Art night, St. 2020/21, Ep. 24.