Appunti di fotografia [99] – Toni Thorimbert, l’uso del cavalletto
Ogni volta che ascolto Toni Thorimbert parlare di fotografia, è un’esperienza! Credo sia uno dei maestri di fotografia italiani contemporanei più preparati e più coinvolgenti in assoluto.
La sua diretta Instagram del 17 febbraio 2022 è stata illuminante e non sono riuscito a non prendere appunti.
Ha parlato del cavalletto, del quando e del perché utilizzarlo, prendendo come riferimento il fotografo Arnold Newman e i suoi lavori.
Il cavalletto.
È un bell’aiuto, quando necessario.
Ad esempio in un ritratto ambientato, quando nei bordi dell’inquadratura devono esserci “cose” che devono apparire nell’immagine.
Cavalletto utile per un’immagine progettata attentamente.
Il cavalletto aiuta a stabilire un territorio ben delimitato in cui si svolge l’azione.
Dopo avere aggiustato tutto il contesto il fotografo si può dedicare completamente al soggetto.
E il soggetto stesso si sente libero di esprimersi nel migliore dei modi.
Newman ha una precisione maniacale per il contesto.
Si crea una foto “letteraria”, che è al pari di un romanzo, che dalla prima all’ultima parola descrive una persona in un ambiente. Ma lo definisce millimetricamente.
Ciò è in contrasto un po’ con quello che sta accadendo adesso con la fotografia che viene fatta “un tanto al chilo”.
E’ necessaria l’attenzione al dettaglio. Nella fotografia ambientata, ogni cosa che tu includi in quel rettangolino deve dire qualcosa di sensato su quella persona, su quello spazio, e trovare una sua armonia di racconto. E il cavalletto in questo è fondamentale.
Usare il cavalletto può essere di grande aiuto anche quando non lo usi. Ovvero, questo progettare nei minimi dettagli la scena, ti aiuta quando usi il cavalletto ma ti aiuta enormemente quando non lo usarai.
E’ sbagliato ritagliare? No, ma vuol dire che non stiamo avendo l’esatto controllo dell’inquadratura, di ciò che c’è e di ciò che non c’è.
Ciò potrebbe non essere un grosso problema in caso di ritaglio, diventa un problema se non c’è quello che realmente volevamo ci fosse.
Bisogna avere quindi consapevolezza di quello che stiamo facendo, avere i mezzi giusti, comodi o no, sbattimento, peso o no, che ci consentono di fare la differenza in termini di risultato ma soprattutto di esperienze: esperienza propria come fotografo, quindi di proiezione di un’immagine alla quale noi siamo perfettamente collegati, ed esperienza intesa come soddisfazione del nostro soggetto che si sente inserito in un territorio sicuro, dedicato a lui e raccontato nel migliore dei modi.