7 Ott 2023 |
Ispirato da un video di Michael Bertolasi (se non lo seguite, fatelo perché fa tante riflessioni interessanti) ho preso al volo questi appunti su alcuni “segreti” dei grandi fotografi. Possono essere applicati da chiunque voglia fare passi da gigante in fotografia.
- Hanno una grande cultura fotografica (hanno studiato e continuano a studiare i grandi maestri)
- Hanno affrontato la loro paura (tutti hanno paura, affrontala)
- Hanno il coraggio di seguire la loro voce (sono anche disposti ad andare contro gli altri, accettarsi, avere la propria visione unica e personale)
- Scelgono le loro foto (non sei le foto che fai ma sei le foto che scegli, saper scegliere è importantissimo)
- Non si sono fermati durante il percorso (ci vuole tempo per crescere, datti tempo per coltivare una visione, è un percorso, un’evoluzione)
30 Set 2023 |
Premessa IMPORTANTISSIMA: non c’è un modo standard per fare i ritratti. Ogni azione che si compie o che non si compie ha uno scopo. Non c’è la ricettina pronta. Quanto segue è un approccio a un certo tipo di ritratto e per raggiungere un certo tipo di scopo.
Non è di certo l’unico ingrediente da usare, ma trovo che sia forse il migliore ingrediente per la buona riuscita di un ritratto (tenendo ben presente quanto scritto sopra):
Mostrate al soggetto uno sguardo accogliente, rassicurante e sincero, concederete al soggetto la libertà di esprimersi, con la stessa sincerità e accoglienza.
23 Set 2023 |
Vorrei indicare in questi appunti due tipi di approccio al ritratto. Non c’è quello giusto o quello sbagliato, c’è quello che vi appartiene o quello che decidete di attuare seguendo una motivazione. Ce ne sono anche altri, ma al momento voglio descrivere questi:
Il primo è un approccio in cui il fotografo è completamente ricettivo, pronto a essere invaso dalla persona che ha di fronte. Non verrà fuori il suo io, non sarà un’evidenziazione della propria arte. Potrebbe sembrare quasi un approccio documentaristico da parte del fotografo. Un approccio in cui la direzionalità è quasi totalmente dal fotografato al fotografo. Fotografare grazie al non fare. Lasciare spazio al fotografato di mostrare quello che è. Questa non sarà una fotografia “presa” ma una fotografia “data”. Alcuni fotografi restano quasi totalmente in silenzio. Potrebbe sembrare quasi una fototessera, anche se in realtà non lo è, perché la presenza del fotografo è fondamentale.
Il secondo è un approccio completamente opposto, che si potrebbe definire quasi come un autoritratto del fotografo. Il fotografo potrebbe cercare qualcosa di sé nel fotografato, probabilmente una sua mancanza. Quella ricerca fatta con lo sguardo, con le proprie motivazioni interiori, ma anche con il dialogo che porta fotografato e fotografo da qualche parte. C’è anche la voglia di parlare di sé tramite il fotografato, aiutarsi tramite il fotografato a comunicare qualcosa che si ha dentro. Questo viaggio mostra tanto del fotografo, lo fa esporre tanto quanto il fotografato. La totale apertura del fotografo genera nel fotografato altrettanta apertura. Il fotografo si rivela, si espone. Il ritratto nasce quindi dal mettersi in gioco fino in fondo, dal lasciarsi guardare, dal prendersi il rischio di esporsi. E questo vale per entrambe le parti.
Personalmente mi sento più vicino a questo secondo approccio. Vedo il ritratto come un percorso che si fa insieme al fotografato. Uno scambio paritario di sensazioni, un dialogo anche senza parole, un incontro, un’esperienza bidirezionale che porterà al ritratto.
2 Set 2023 |
Una bellissima riflessione sull’educazione dello sguardo e della mente.
[…] credo che la cosa più importante non sia la tecnica, ma lo sguardo. Prendermi cura del mio sguardo è ciò che mi permette poi di ritrarre le persone non secondo stereotipi o cliché ma restituendo loro un “ascolto con gli occhi” rispettoso e autoriale.
Lo sguardo è nutrito da ciò che guardo (quali fotografe e fotografi, libri, mostre…) ma anche da tutto ciò che alimenta la mia interiorità: le letture, le conversazioni, gli incontri.
Facendo ritratti, il soggetto delle mie foto sono persone.
[…] Porto dentro “anagraficamente” una serie di stereotipi patriarcali sulle donne e sugli uomini. Quando ho iniziato a fotografare le persone, mi sono accorto che cercavo di ritrarre le donne secondo uno stereotipo di bellezza e seduzione, gli uomini secondo uno di forza e impenetrabilità. Lo davo per scontato e mi bastava.
Poi ho avuto la possibilità di rimettere profondamente in discussione ciò che mi sembrava “naturale”. L’ho fatto soprattutto ascoltando persone più giovani di me, in particolare donne femministe, leggendo libri, articoli, ascoltando podcast, visitando mostre (come per esempio una bellissima sul maschile alle “Rencontres” di Arles).
È stato doloroso. Mi sentivo del tutto inadeguato e superato. Poi, poco alla volta, ho sentito qualcosa cambiare, nuove curiosità nascere, un linguaggio che andava formandosi. Ora quando ho davanti una persona e la sto fotografando sento di essere molto più attento a ciò che lei comunica e molto meno preoccupato di farla aderire a uno stereotipo che ho in mente.
Come sempre, bellissima riflessione di Marco Ragaini tratta da una sua storia Instagram. Se non lo seguite ancora, fatelo perché scrive moltissimi spunti fotografici utili a chi vuole crescere in fotografia.
26 Ago 2023 |
Qualche appunto sul fotografare le persone, in viaggio e non.
- Non avere paura delle persone, sono esseri umani come te
- La macchina fotografica agli occhi, genera distanza, genera una barriera. Più grossa è, più generi una barriera.
- Usare il tuo strumento come un gioco.
- Presta la tua macchina, fai vedere che può essere un gioco.
- Non aver paura di fare fotografie stupide all’inizio.
- Prima parla con le persone, cattura la loro fiducia. Poi alza la macchina fotografica.
- Presentati, parla di te, descrivi il tuo progetto, comunica la tua intenzione a non essere invadente.
- Crea empatia con i sorrisi, con l’attenzione, con il sincero interesse nei loro confronti. Le persone se ne accorgono.
- Se puoi/vuoi, accorcia le distanze (emotive e fisiche) usando un grandangolo. Che in genere è più corto. Ovviamente sempre se ciò che vuoi comunicare è coerente con l’obiettivo usato.
- Se puoi/vuoi, all’inizio, usa la macchina fotografica non sull’occhio ma dal basso. Solo successivamente potrai metterla al viso.
- Se ricevi dei “no”, è tutto lecito, non ci sono problemi. Fai un tentativo di insistere (con moderazione), facendo capire la tua buona fede. Ma non troppo, distingui le situazioni.