Kaupo Kikkas spiega il suo approccio nel fotografare le persone:
C’è un detto che amo che dice: “Per scattare foto di qualità ci vogliono fotocamere di qualità. Per scattare grandi foto ci vogliono cuore e anima”.
Credo che fotografare gli esseri umani sia il settore più dinamico e stimolante in campo fotografico. I fotografi non dovrebbero mai dimenticare che posare per una foto è un atto di fiducia. È un’arte fragile e delicata da rispettare.
A volte, i miei soggetti dicono di amare la mia sicurezza perché li fa sentire più a loro agio. Questa sicurezza deriva dal fatto di essere ben preparati, almeno tecnicamente. Per esempio, se ti concentri troppo sui numeri F e sulla gestione della fotocamera, semplicemente non ti rimane abbastanza attenzione da dedicare al tuo soggetto.
Conosci la tua attrezzatura e usala.
La cosa bella è che la mia fotocamera pensa già a tutto, permettendomi di mantenere l’attenzione concentrata sull’aspetto più importante dell’immagine: il soggetto. […]
Un fotogramma, una storia
Dovete pensare al fotogramma come alla tela per un pittore. Uno degli errori più comuni dei principianti è mettere a fuoco la persona che ritraggono, dimenticando il resto dell’immagine. Ciò significa che riempiono due terzi della “tela” con qualcosa di scarsa importanza, e non dovrebbe essere così. Con questo in mente, mi avvicino a uno scatto pensando che non esistano sfondi, né primi piani ma solo un’unica cosa, o persona, ossia la storia all’interno del fotogramma.
Se lavoro con una persona, cerco sempre di immaginarmi la sua storia e di enfatizzarla pensando a come la racconterò attraverso il mio obiettivo. Anche se si tratta di un semplice primo piano in bianco e nero, devo comunque convincere innanzitutto me stesso del perché sono lì e di cosa sto facendo.
Ciò che lo spettatore vedrà nel fotogramma dipende dalla lunghezza focale dell’obiettivo che uso. Scatto attualmente a 135 mm con un obiettivo 135 mm f/1.8 G Master incredibilmente nitido. Me ne sono innamorato la prima volta che l’ho provato. In genere, lo riservo agli scatti ravvicinati e a figura intera per il suo effetto bokeh, il più morbido in assoluto. Uso anche l’85 mm e il 24-70 mm G Master. Sono questi i tre obiettivi con cui scatto circa il 90% dei ritratti, pur prediligendo il 135 mm. Quando, però, mi sposto e voglio viaggiare leggero, ne porto con me uno solo, a seconda del progetto.
Composizione
La composizione è un po’ come un gioco. Occorre conoscere a fondo, quasi a livello di subconscio, solo una manciata di regole, dopodiché, sei libero di improvvisare e farti prendere dai lampi di ispirazione della seduta. È come nella musica: prima di improvvisare, devi conoscere lo spartito.
Se non conosci bene le basi e inizi a improvvisare, la composizione potrebbe risultare scombinata: l’idea può anche essere buona ma l’inquadratura generale può risultare disordinata. È una situazione che vedo spesso ed è particolarmente pericolosa per le persone di talento che, avendo molte idee, pensando di poter sfuggire alle regole di base.
Illuminazione
Illuminare un soggetto non significa solo accendere o spegnere una luce. La luce possiede molte qualità: il colore, l’intensità, la nitidezza e la direzione. L’aspetto più importante è analizzare e capire la luce presente sulla scena e solo dopo decidere cosa volerne fare.
Per me, il processo di illuminazione inizia spesso con piccoli movimenti, piuttosto che tutto insieme, per esempio aggiungendo grandi luci, stativi e softbox. Spostare il soggetto anche solo di pochi metri, infatti, può cambiare totalmente la luce così come variare l’angolo di ripresa può stravolgere la prospettiva e lo sfondo, modificando nel complesso l’equilibrio della composizione e della luce.