24 Giu 2023 |
Anything is an art if you do it at the level of an art (Avedon)
perché il risultato artistico di una rappresentazione, meglio ancora il suo quoziente artistico, bisogna perseguirlo, bisogna volerlo anche a costo di spiazzare lo spettatore, di stupirlo, provocarlo e condurlo verso altri orizzonti di pensiero.
Tratto da FOTOIT Giugno 2023.
22 Ott 2022 |
Alcune delle frasi che ho letto alla mostra “Relationships” di Richard Avedon (Palazzo Reale, Milano) che vorrei condividere:
I miei ritratti riguardano più me stesso che le persone fotografate.
Se passa un giorno senza che io faccia qualcosa che riguardi la fotografia, sento di aver tralasciato qualcosa di fondamentale per la mia esistenza; come se avessi dimenticato di svegliarmi.
Penso che il fascino sia la la capacità di essere veramente interessati agli altri.
Spesso sento che le persone vengono da me per essere fotografate come andrebbero da un medico o da una cartomante: per sapere come stanno. Quindi dipendono da me. Devo coinvolgerli.”
Penso che tutta l’arte riguardi il controllo – l’incontro tra il controllo e l’incontrollabile.
Sono sempre le persone a stimolarmi. Quasi mai le idee.
Preferisco sempre lavorare in studio. Così i soggetti vengono isolati dal proprio contesto e diventano, in un certo senso… simboli di loro stessi.
Le mie fotografie non scendono sotto la superficie. Non scendono sotto nulla. Piuttosto, leggono la superficie. Ho molta fiducia nelle superfici. Una buona superficie è piena di indizi.
Le immagini di Avedon ci raccontano la loro storia senza ricorrere alle parole. Catturano un momento nel tempo eppure rimangono eterne.”
29 Gen 2022 |
Il genio di Richard Avedon stava nel suo essere un grande comunicatore. Tirava fuori il meglio dai suoi soggetti. Io invece osservo. Avedon sapeva parlare alla gente. Sapeva scegliere gli argomenti. Non appena riesci a coinvolgere una persona, la sua faccia cambia. Si anima. Dimentica di essere davanti al fotografo. Si concentra e assume un’espressione più interessante. Io, però, sono talmente impegnata a guardare nell’obiettivo, che non riesco a parlare. Non ho mai avuto quel dono. Ho lo stesso problema con le mie figlie: so che devo interagire di più, so che devo lasciarmi coinvolgere, ma amo restare semplicemente a guardarle.
Tratto dal libro “Fotografie di una vita 1990-2005” di Annie Leibovitz.