Appunti di fotografia [117] – L’imbarazzo nel ritratto

Qualche tempo fa, curiosando tra le stories di Marco Ragaini (se non lo seguite, correte a farlo) leggo una riflessione sull’imbarazzo nel ritratto. Ne trascrivo qui alcune parti di mio interesse:

L’imbarazzo non è un ostacolo alla fotografia di ritratto, è invece una risorsa, perché è un’emozione autentica, che […] “costringe” soggetto e fotografo a un “patto di onestà” in cui entrambi si mettono in gioco cosi come sono.

Inoltre, non è vero che l’imbarazzo è solo di chi posa. In realtà anche chi fotografa prova un’emozione simile, si chiede se sarà all’altezza, se riuscirà a mettersi in sintonia con la persona che ha davanti, se troverà la strada giusta per fare le foto che vorrebbe.
L’imbarazzo quindi apre la porta alla relazione, e lo fa su un piano di autenticità. […]

Da questo spunto si potrebbero aprire tantissimi temi a mio avviso, come quello della comfort zone, dei limiti, dell’incontro, della relazione… ma non mettiamo troppa carne al fuoco. Per stasera può bastare. :)

Appunti di fotografia [104] – Che cos’è la fotografia? – Toni Thorimbert

Come sempre, ascoltare Thorimbert è una gioia per le orecchie. Per caso sono incappato in un podcast di “IL BAZar AtOMICo” (nello specifico l’episodio 91) in cui Toni era l’ospite. Le risposte ad alcune domande che gli hanno rivolto, hanno proprio catturato la mia attenzione e le ho trascritte qui:

Per te cos’è l’atto di fotografare? Cos’è la fotografia?

E’ il più grande atto di seduzione. Ma non del fotografo. E’ la fotografia che è un atto di seduzione.

Una volta mi chiesero […] “qual è stata la tua musa?”. Io ho detto “ma veramente la mia musa è la fotografia”. Io sono innamorato di lei. Ed è lei che risponde a ciò che io desidero. Poi mi sono servito di quello che avevo davanti per raccontare me stesso attraverso quello che fotografo.

Quanto è importante per te lo stato d’animo che hai mentre fotografi? Qual è lo stato d’animo che ricerchi quando stai facendo uno shooting?

E’ un po’ il lavoro dell’attore. Tu puoi essere completamente fuori dalla parte e poi quando fanno ciak sei in quella parte lì. In quella parte lì sei tu in quel momento, anche se 5 minuti prima potevi essere un altro tu.
L’agire della fotografia porta con sé per me un’energia che è quella, e io mi ci ritrovo bene là dentro. Anche se ho sempre il pathos. Quando devo iniziare a scattare mi chiedo sempre cosa succederà. Ma anche perché io cerco di lavorare senza rete dentro questa cosa. E’ come un attore, l’attore che lavora con la rete imita un’emozione, se tu invece la vivi quell’emozione lì, sai come inizi ma forse non sai come va a finire. Mantenere questo non sapere come vanno a finire le cose è eccitante secondo me. E’ una perdita totale di sé, dell’ego. Un fotografo, come ogni artista, come ogni persona, l’ego ci spinge alle volte, ci porta anche avanti, vogliamo avere dei riconoscimenti, è giusto… abbiamo ambizioni, però certo, una cosa che non devi portarti dietro quando fotografi è l’ego. E’ l’unica cosa che non si deve mettere tra te e il tuo soggetto. Nel momento di fotografare ti devi mettere da parte.

Come si fa?

Devi avere la capacità di perdere. Accettare fino in fondo la possibilità di non farcela o di non farlo o di perderlo o di non averlo.

Noti una corrispondenza della qualità del tuo lavoro rispetto la quantità di smarrimento che hai vissuto?

Certo. Logico.

Che emozione provi quando accade? Quando ti perdi è l’opera che si fa attraverso te, no?

L’opera si fa, e tu lo capisci perché si distacca completamente dal resto.
Io sono arrivato a dire “io non sbaglio mai una foto”. E’ un assunto. Perché non la sbaglio mai? Perché qualsiasi errore che io faccio non è altro che lo specchio di me in quel momento. Quindi se sono io, in che senso è sbagliata? E’ sbagliata in cosa?

Appunti di fotografia [43] – La buona fotografia, Ugo Mulas – Gianni Berengo Gardin

In realtà la frase che riporto qui di seguito viene detta da Gianni Berengo Gardin in un seminario di Tauvisual che ho visto su Youtube: https://youtu.be/ZUP-a4U2jTg.

L’amico fotografo Ugo Mulas gli ha insegnato una cosa molto importante, gli diceva:

“una fotografia bella è una fotografia che mostra una cosa che non dice niente, può essere perfettamente tecnica, a posto, ma non racconta niente. Una buona fotografia può essere leggermente sfocata, leggermente mossa, ma racconta un contenuto e ti dà un’emozione“.

Altri appunti:

Gianni Berengo Gardin con Boubat, Doisneau e soprattutto con Ronis, ha avuto un grande amicizia. La sua fotografia è stata molto influenzata da quei fotografi, soprattutto agli inizi. “Mi dicono spesso che sono il Cartier-Bresson italiano, in realtà sono il Willy Ronis italiano.”
E’ stato l’assistente di Willy Ronis.

Ha detto che ha litigato con Doisneau, costruiva tutte le fotografie chiamando modelli, amici. Anche quella famosa del bacio è costruita! Chiamava comparse.

I fotografi di moda sono creativi. Creano.
Il fotografo di reportage, registra.

Ha 1.800.000 foto in archivio.

Libri consigliati:

  • Paul Strand e Cesare Zavattini. Un paese.
  • Klein. New York -> Tutti hanno imparato a usare i grandangoli dal libro di Klein!!
  • The Americans di Robert Frank

Ha lavorato con Basilico, Scianna, D’Alessandro. Devono essere colleghi con le tue stesse idee.